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Il DON MILANI veste consapevole

Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili

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da Admin

Docente

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“M’illumino di meno”

la Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili ideata nel 2005 a Rai Radio2 dalla trasmissione Caterpillar, per diffondere la cultura della salvaguardia ambientale e della riduzione volontaria dei consumi, per il ventennale si allunga di una settimana, quella che si apre lunedì 17 febbraio, concentrandosi su di un ambito verso il quale sempre di più si stanno maturando consapevolezza e voglia di sperimentare nuove pratiche di produzione e consumo: la moda.
Aderendo alla mobilitazione in corso, alcuni studenti con i loro insegnanti all’Istituto statale Don Milani di Montichiari hanno preparato una serie di attività per sottolineare che “l’impatto ambientale della fast fashion è enorme”, come osserva la dirigente scolastica Claudia Covri dalla sede di via Marconi.
“Oltre il trend, l’invisibile costo della moda immediata” è il titolo del progetto che proprio da lunedì 17 febbraio vedrà, nei quattro plessi in cui si articola la scuola di via Marconi, la creazione di una nutrita serie di “spazi dedicati, con l’affissione di manifesti e cartelloni bianchi sui quali scrivere nomi di negozi che vendono abiti usati oppure il proprio tag Vinted o simili”.
“Mercoledì 19 poi – sottolinea la preside – tutti gli studenti sono invitati a venire a scuola con outfit realizzati con vestiti usati e di seconda mano o con brand che non possano essere considerati fast fashion”.
Motori creativi dell’iniziativa sono i ragazzi della classe quinta C del Liceo Progettuale, che si sono mobilitati da mesi con le loro docenti Laura Dordoni e Sara Mantovani per sensibilizzare i coetanei riguardo a questa che – sostengono – “è una delle cause principali di inquinamento dei nostri giorni: la nascita della fast fashion risale agli anni ’80, ma il fenomeno spopolò a partire dagli anni 2000, quando molte aziende del settore tessile iniziarono a produrre in maniera intensiva vestiti di bassa qualità a prezzi stracciati. Il problema sorge nel momento in cui facciamo luce sull’impatto ambientale devastante causato da queste industrie e sulla quantità esorbitante di rifiuti prodotti dai consumatori: basti pensare che le fabbriche tessili sono la causa del 10% delle emissioni globali di CO2, che una maglietta per essere prodotta richiede circa 2700 litri d’acqua e che ogni anno vengono dismesse 300.000 tonnellate di vestiti, perché scadenti.
Ma non è tutto. Bisogna anche rivelare la verità sul contesto lavorativo: i lavoratori sono vittime di sfruttamento e soggetti a condizioni contrattuali miserevoli”.